lunedì 5 dicembre 2011

15 ottobre manifestanti a Roma

MUORE LA SPERANZA NELLA CAPITALE
I cittadini italiani lanciano un grido di disdegno
Roma-"Che ali vogliamo aggrappare alla nostra libertà?".
Questa è una domanda  provocatoria che sentii per radio  durante il viaggio di ritorno da Roma a Milano. Stavo ascoltando una stazione di cui non ricordo il nome, schiacciata da due canali di musica. Era giovedì 20 ottobre e la mia settimana di lavoro stava finendo. Avevo allogiato per cinque giorni nella grande capitale italiana per occuparmi  di un articolo sui così detti "indignados" scesi in piazza il 15 ottobre scorso. Nonostante la natura spagnola del termine è immediato capire il suo significato: "indignati", ma indignati per cosa?
Per il presente che temano distruggere l'ancora celato futuro. Principalmente la manifestazione vedeva come protagonisti giovani che si trovano a coltivare sul cemento e che hanno paura di non riuscire a sistemare la loro vita, costernata di crisi e incertezze.
Temono di rimanere nudi di quelle possibilità che ebbero i loro genitori, vivendo così nel ricordo e nella fantasia di un futuro migliore.
Questo evento ebbe anche dei riscontri negativi e violenti e ciò di che discutere e riflettere.
Si crearono diverse opinioni a favore o meno riguardo questa manifestazione.
Comune resta, però, l'idea su quale sia stata la causa scatenante, fuori dall'ambito politico, di tutto questo rancore: la mancanza di speranza che attutisce ogni voglia di cambiare anche se ne permane il desiderio.
Questo, però, si può concretizzare e ne diedero prova, per esempio, i nostri avi, come sottolinea Gianni Credit de "Il sussidiario. net" che nel 1945 riuscirono ad uscire da quel continuo tentativo di crisi, o chi, invece di gettare una manciata di grida, si dà da fare lavorando per cercare di ricostruirsi. Dobbiamo ergerci sul nostro passato. Mi sento inoltre in dovere, data la mia opinione contro le manifestazioni illusionistiche, di discutere quello che descrisse lo stimobile giornalista della "Stampa" Mario Calabresi, il 16 ottobre  -Perchè si dice (...) distruggere-. Dovremmo quindi rovinarci e non rialzarci più?
Se avessero fatto così chi ha vissuto durante e dopo le guerre mondiali or non saremmo qui... Dopo aver distrutto ciò che abbiamo, cosa ci resta se non pugni insanguinati della fatica del passato?
Nulla, non risolveremmo nulla.
Non possiamo crescere sul guazabuglio di una prosaica mescolanza di diritti, tempi e doveri, dobbiamo concretizzare i nostri pensieri e desideri, non con parole ma con fatti, non con cartelloni di cartone ma con pugni di ferro e la voglia salda di cambiare il mondo.
Che ali vogliamo aggrappare alla nostra libertà, al nostro futuro? Quelle di cui la speranza e, oso dire anche la fede, ci accessoria l'anima.
Benedetto XVI disse, il 22 settembre 2011davanti al parlamento federale, che bisogna "Vedere di nuovo la vastità del mondo", proviamoci, scostiamo dai nostri occhi la rabbia e la delusione, aprendo mente ed anima al mondo, al futuro ed alla speranza.
Stiamo marciando su una nebbia fitta di illusioni e tessuta di parole che lascia spazio all'ennesimo cadavere livido del futuro.
Dobbiamo imparare a dar vita alle nostre parole, non solo voce ai nostri pensieri.
Lucia Buratti 4° liceo

Open Day della Scuola Secondaria di 1° grado


Per un giorno facciamo lezione noi!
Il giorno 19 novembre si è svolto l'Open Day del nostro istituto.
Ecco come abbiamo organizzato i laboratori, che si trovavano al piano della Scuola Secondaria di 1° grado.
Appena salite le scale, al secondo piano, incontriamo tre laboratori: quello di inglese e spagnolo intitolato "Tu hablas español? Yes, I do"; quello di scienze "Viaggio nella scienza" e infine quello di musica "Musicopoli".
Giulia, di 2°B, ci racconta del laboratorio di inglese e spagnolo, di cui ha fatto parte: lei e i suoi compagni avevano il compito di far collegare le immagini ai bambini con la rispettive parole sia in inglese che in spagnolo. Per esempio c'era l'immagine di un operaio e dovevano attaccare alla lavagna le giuste parole WORKER e OBRERO. C'erano molti ragazzi delle elementari in tutti i labratori e le aule erano molto affollate.
Io ho partecipato al laboratorio di scienze che era diviso in tre sezioni: quella di chimica, fisica e biologia. In quella di chimica si potevano vedere alcuni strumenti da laboratorio e alcuni minerali; in quella di fisica si potevano vedere alcuni esperimenti e in quella di biologia si poteva vedere com'è fatto il corpo umano e il microscopio (non in funzione).
Nel laboratorio di musica alcuni ragazzi hanno cantato e suonato "L'uomo ragno" e poi "Azzurro", coinvolgendo anche i bambini delle elementari.
Finiti i laboratori i bambini insieme ai loro genitori si sono recati in palestra dove hanno partecipato a vari giochi e festeggiato con un aperitivo.
E' stata una bellissima giornata di festa e spero che tutti i ragazzi che sono venuti a farci visita si siano divertiti.
Federica Mozzarelli (2°B)

giovedì 1 dicembre 2011

Milano Missionaria

Lasciamoci plasmare dal battito del cuore
22 Ottobre 2011, l'inizio di un messaggio senza fine
Milano- Un sabato come tanti nel capoluogo lombardo. Rumoroso, appannato dal traffico e lo smog, ma ecco  che dal nulla che ha coinvolto tante persone e tanto tempo affinchè si esprimesse.
Quel nulla, che ha reso l'istituto Cocchetti, centro di un' enorme goccia di pace.  Il 22 Ottobre, infatti, si è tenuta l'annuale "Festa Missionaria" che da tempo, ormai, organizza una mattinata per stare insieme, con uno spettacolo, giochi per i più piccoli e stand culinari. Il ricavato accumulato durante la giornata è stato devoluto ad alcune delle tante associazioni che si occupano di aiutare le persone in difficoltà. Testimonianza dell'importanza di questo appello per la carità, sono state Suor Maria Rosa e Cristina, una studentessa di medicina. Entrambe hanno vissuto un'esperienza di missione, per aiutare gli altri e donare ciò che potevano a questi, per farli sentire amati da loro e soprattutto da Dio, che non si dimentica mai di nessuno, nemmeno di chi sembra essersi perso nell'enorme povertà materiale che lo circonda e nella povertà di animo che è propria di chi vive nelle fortune. Citate così possono apparire come una comune suora, e un altrettanto comune ragazza che studia medicina. Ma possiamo noi, immaginare quanto bene hanno fatto? Riusciremmo a lasciare tutto anche solo per due giorni per volare in una delle città più povere del mondo? Di cui, purtroppo, v'è l'imbarazzo della scelta.
Cristina è stata per cinque settimane in Congo. Ha aiutato in ospedale, per curare i malati ed ha portato un po' di amore tra le persone che prima non avevano nulla ed ora posseggono nelle mani, un pezzo di cuore di questa ragazza. Ha sempre sentito parlare dell' estrema povertà di questi popoli, ma vedersela davanti che ti sfida, le ha toccato dentro dicendo '' non sei abbastanza per sconfiggermi'' ed è decisamente tutta un' altra cosa.
Ciò che l' ha colpita è che lì, soprattutto i bambini, gioiscono per nulla e che ogni singolo giorno, ogni istante devono guadagnarsi il presente, mentre qui i bambini hanno già un futuro. E noi? Noi che siamo persone normali come lo è lei, noi che magari abbiamo più da offrire, perchè stiamo con le mani in mano?
Perchè non alziamo un dito invece che solo qualche parola delle quali molte son solo per compassione?
Suor Maria Rosa, ha passato due mesi in Uruguay quando qui era estate e lì era pieno inverno. Ha dato la sua disponibilità nel lavoro ad Emmaus, una casa che si preoccupa della nutrizione ed istruzione degli altri. Per questo è stata ringraziata dal primo istante in cui ha poggiato il piede sul terreno uruguaiano all'ultimo quando, malinconicamente, l'ha alzato. Concluse così il suo racconto, che si vedeva narrasse dal cuore. Quest'esperienza serve a tutti noi, a loro che sono state là ad aiutare e a noi che le abbiamo ascoltate. Dobbiano accorgerci di tutte queste ricchezze. Siamo parte del mondo, lo dobbiamo far crescere. Quanto amore hanno da dare quelle persone, e quanto noi ne ricerchiamo!
Lucia Buratti e Sabrina Rago (IV liceo)

Festa Missionaria 2011

Carletto e la missione
Oggi 22 Ottobre, giorno della Festa Missionaria presso il centro Asteria si è svolto lo spettacolo incentrato sulle missioni. Ci sono state due testimonianze di persone che hanno visitato le missioni. Per aiutare a capire meglio il significato della missione sono stati inseriti alcuni divertenti sketch in cui
venivano attualizzate le missioni presentate. Il protagonista è stato interpretato da Marco Mozzarelli, un ragazzo di seconda liceo. A riguardo dello spettacolo lui ha dichiarato:" E' stato un lavoro lungo e complesso ciò nonostante è stato bello lavorare con tutti i miei amici e compagni".
Secondo alcuni genitori intervistati, è stata molto significativa e toccante la testimonianza della studentessa universitaria che ha trascorsola scorsa estate cinque settimane in Congo. Sono state di molto impatto le foto che ritraevano persone che, pur essendo ammalate, non perdono la voglia di sorridere. Uno dei momenti più divertenti è stato il balletto messo in scena dai ragazzi di prima e seconda liceo. Abbiamo allora deciso di intervistare uno dei ragazzi che hanno fatto il balletto. Abbiamo allora deciso di intervistare  Edoardo Trombini dopo la conclusione dello spettacolo e lui ha dichiarato: " Ero molto agitato e avevo paura di sbagliare ma ero convinto che sarebbe andata bene perchè io e i miei amici abbiamo provato a lungo e con passione durante questa settimana".

Chiara Minafra, Priscilla Russo, Giovanni Denardi, Andrea Vendramini e Andrea Pesarin (III liceo)

Tempo di festa al Cocchetti

Festa Missionaria del 22 Ottobre 2011


Quest'oggi è una giornata speciale per la scuola, infatti si è tenuta la festa missionaria  che, secondo alcuni alunni, è riuscita molto meglio rispetto agli anni precedenti. In particolare, chiedendo ai genitori ed ai bambini, è risultato che il "banchatto dell'infanzia" è stato il più divertente.
Quest'ultimo appunto, è stato organizzato prendendo spunto dagli anni passati: infatti era diviso in quattro giochi diversi.
Il primo riguardava un percorso ad ostacoli tra le bottiglie che i bambini dovevano affrontare bendati; il secondo, invece, era un gioco di abilità e precisione: consisteva nel centrare con una pallina il foro situato al posto della faccia di un personaggio dei cartoni animati.
Il terzo gioco riguardava l'equilibro poichè i bambini dovevano saltare con due palline in mano tra i cerchi posizionati per terra; mentre l'ultimo gioco era il più gettonato di tutti: il gioco dei barattoli, ovvero i bambini avevano a disposizione tre lanci per cercare di buttare giù più barattoli possibili.
Una novità di quest'anno è stata la partecipazione dei ragazzi del liceo che anno dimostrato di sapersi relazionare coi bambini rendendo più gioiosa la pertecipazione ai giochi. Lo staff del liceo si dice oltremodo entusiasta di aver partercipato al successo del banchetto.
I più piccoli dicono: "il più bello è stato quello dove butto giù le lattine" e "qui mi diverto perchè posso giocare insieme agli altri''. Un signore racconta: '' la festa è stata interessante e piacevole anche per il fatto positivo della raccolta fondi per la scuola dell' Abruzzo e per l'atmosfera che si è creata". I nonni ci suggeriscono che questa giornata è stata molto bella per i bambini e per l'idea di fratelanza rafforzata allo stare insieme. Grazie all'impegno di molti, al tempo favorevole, ai sorrisi ed alla partecipazione di grandi e piccini, la festa è stata gradita non solo dai bambini, che erano quelli più coinvolti, ma anche dai parenti, amici ed ex-allievi che hanno visto e percepito questo sentimento di gratuità ed amicizia.  
Trudy Rovescala (IV liceo)

Il ricordo del motociclista scomparso

Sic, sarai sempre nei nostri cuori!
Nonostante fosse una domenica mattina molti ragazzi erano già incollati davanti alla tv a guardare il Moto Gp. Scommetto che erano lì per il per il "Doctor" e il "Sic" più che per il motociclismo e non immaginavano assolutamente la tragedia che stava per accadere. Ci ha colti di sorpresa e ci ha spiazzati tutti, anche coloro che non tifavano per lui. Marco Simoncelli aveva 24 anni e ci ha lasciati così, in quella maledetta mattina d'autunno e ha creato un vuoto enorme. E' morto durante l'incidente svoltosi  alla seconda curva del circuito di Sepang,in Malesia, che ha visto cinvolti anchei piloti Colin Edwards e Valentino Rossi. I momenti più dolorosi sono stati quelli appena dopo l'accaduto: noi telespettatori ci culliamo nella speranza che non sia niente di grave solo un incidente che a volte capita nel motociclismo, ma ci sono delle eccezioni dove il pilota perde la vita e questa è una di quelle. Ciò che rimane in mente per chi lo ha visto sono le immagini dell'incidente, Marco che in tutti i modi cerca di recuperare l'errore della curva, forse ha pensato che poteva "tenerla", forse poteva rimediare, ma i forse non fanno la storia e come non fanno la storia non salvano la vita.
Per i genitori è un dolore ancora più grande, la perdita di un figlio: una cosa molto difficile da superare, anzi forse che non si supera mai.
I soccorsi sono praticamente inutili, Marco ci ha lasciato per sempre; rimane una grande amarezza, un'immensa rabbia, mentre la coscienza incalza ancora:   "Forse sarebbe stato meglio non fare il motociclista?", ma in fondo se per paura di inciampare non scendessimo dal letto ogni mattina per abbracciare la vita con la fatica del lavoro ed il sogno dei nostri desideri, non sarebbe la stessa cosa che morire trecentosessantacinque giorni all'anno in quella curva?

Ciao Sic,
che noi tutti possiamo avere il tuo stesso coraggio e scendere dal letto!
Dario Zerbino (2°A)